lunedì 8 luglio 2013

Pena di morte in Italia e in Europa

Trattato di Lisbona TEU-TFEU, Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea, Convenzione Europea per la Salvaguardia dei diritti dell’Uomo e delle libertà fondamentali (CEDU).
Gli stati europei non sono più sovrani, neppure in senso formale, dopo le ultime ratifiche del Trattato di Lisbona. Per quanto riguarda il diritto alla vita e la pena di morte, ovvero alla possibiltà legittimata di ammazzare creature umane - in esecuzione di condanne, per contenere manifestazioni pubbliche non autorizzate, per qualche probabile prossimo caso di inadeguato trascinamento in stato di guerra o anche solo in caso di pericolo di imminente guerra -  i documenti fondamentali a cui si farà riferimento sono:

1. il Trattato sull’Unione Europea (TEU-TFEU)
2. la Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea
3. la Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali (CEDU)

La Versione consolidata del Trattato sull’Unione Europea dice all'art. 6:

Articolo 6, paragrafi 1 e 2

1. L'Unione riconosce i diritti, le libertà e i principi sanciti nella Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea del 7 dicembre 2000, adattata il 12 dicembre 2007 a Strasburgo, che ha lo stesso valore giuridico dei trattati.

Le disposizioni della Carta non estendono in alcun modo le competenze dell'Unione definite nei trattati. I diritti, le libertà e i principi della Carta sono interpretati in conformità delle disposizioni generali del titolo VII della Carta che disciplinano la sua interpretazione e applicazione e tenendo in debito conto le spiegazioni cui si fa riferimento nella Carta, che indicano le fonti di tali disposizioni.

2. L'Unione aderisce alla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali (detta CEDU, ndr). Tale adesione non modifica le competenze dell'Unione definite nei trattati.

Inoltre il fatto che l'Unione aderisca alla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali è ribadito anche nel Protocollo n°8 intitolato "relativo all'articolo 6, paragrafo 2 del Trattato sull'Unione Europea sull'adesione dell'unione alla convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali".

Bisogna poi tener conto dell’Articolo 51:

I protocolli e gli allegati ai trattati ne costituiscono parte integrante.
Integrata nel Trattato sull’Unione Europea, vi è anche la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, la quale recita:

Articolo 2

Diritto alla vita
1. Ogni individuo ha diritto alla vita.
2. Nessuno può essere condannato alla pena di morte, né giustiziato.

Ma dice anche:
Articolo 52, paragrafo 3
Portata dei diritti garantiti
3. Laddove la presente Carta contenga diritti corrispondenti a quelli garantiti dalla convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali (detta CEDU), il significato e la portata degli stessi sono uguali a quelli conferiti dalla suddetta convenzione. La presente disposizione non preclude che il diritto dell'Unione conceda una protezione più estesa.
Con questo passaggio di fatto si sancisce la pariteticità tra Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea e Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (CEDU) laddove le due carte trattano gli stessi argomenti. Quest’ultima, la CEDU, a dispetto del nome, presenta diverse contraddizioni che minano completamente le basi precedentemente poste; infatti la Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (CEDU) dice:

Articolo 2 - Diritto alla vita

Il diritto alla vita di ogni persona è protetto dalla legge. Nessuno può essere intenzionalmente privato della vita, salvo che in esecuzione di una sentenza capitale pronunciata da un tribunale, nel caso in cui il delitto è punito dalla legge con tale pena.
La morte non si considera inflitta in violazione di questo articolo quando risulta da un ricorso alla forza resosi assolutamente necessario:
per assicurare la difesa di ogni persona dalla violenza illegale;
per eseguire un arresto regolare o per impedire l'evasione di una persona regolarmente detenuta;
per reprimere, in modo conforme alla legge, una sommossa o una insurrezione.

È da notare che non esiste una definizione di sommossa o insurrezione. Quindi le forze di polizia si ritrovano ad operare con la massima estensione di interpretazione; arbitrariamente, possono decidere come distinguere i vari tipi di manifestazioni illegali e come intervenire di conseguenza. Possono sparare sulla folla. È incredibile, pare impossibile, eppure è già norma in vigore. Certo, provare a immaginare cosa accade nelle menti corrotte e pervertite che hanno concepito questa normativa è impresa complessa; tuttavia è ragionevole presumere che coloro che l’hanno preparata si aspettino nel breve periodo delle agitazioni, del fermento, in conseguenza del crescente impoverimento al quale il continente europeo è indotto dalle spregiudicate e immorali manovre speculative delle stesse élite al potere che hanno promosso il concepimento di questa frode legislativa.
Oltre a ciò, aggiunge questo CEDU nel sesto protocollo:

PROTOCOLLO N° 6 RELATIVO ALL’ABOLIZIONE DELLA PENA DI MORTE (STRASBURGO, 28.IV.1983)


Articolo 1 - Abolizione della pena di morte
La pena di morte è abolita. Nessuno può essere condannato a tale pena né giustiziato.

Articolo 2 - Pena di morte in tempo di guerra

Uno Stato può prevedere nella sua legislazione la pena di morte per atti commessi in tempo di guerra o in caso di pericolo imminente di guerra; tale pena sarà applicata solo nei casi previsti da questa legislazione e conformemente alle sue disposizioni. Lo Stato comunicherà al Segretario Generale del Consiglio d'Europa le disposizioni rilevanti della legislazione in questione.
La pena di morte è ovunque abolita in tempo di pace, per cui gli Stati che la dovessero prevedere allo stato attuale la devono abolire. Ad ogni modo, nella transizione verso l’abolizione della pena di morte, non infrangono il Trattato di Lisbona (cioè non infrangono la nuova Costituzione Europea, cioè il fondamento normativo al quale devono fare riferimento gli ordinamenti di tutti gli stati membri) se si ritrovano ad ammazzare persone - o se comminano la pena di morte - nei casi previsti dall’articolo 2 del CEDU.

La pena di morte può essere introdotta in “tempo di guerra” o in caso di “pericolo imminente di guerra”. Certo è che, grazie al patto di mutuo soccorso fra gli stati europei in casi di attacchi terroristici, una nazione può in un attimo trascinare le altre in guerra; quindi la probabilità che anche la provincia italiana si trovi perennemente in stato di guerra è rilevante.

L’articolo 2 del CEDU permette agli organi incaricati della repressione di sparare su folle di manifestanti impunemente. Qui non si parla neppure di “pena di morte” in senso tecnico ma di ammazzare tranquillamente - e a casaccio - nel mezzo del tumulto. Infine, non vi è alcuna definizione di “ricorso alla forza resosi assolutamente necessario”. Chi decide quando “è necessario” sparare sulle masse di cittadini disarmati in caso di manifestazione? In base a quale criterio?


Abbiamo visto molto chiaramente con che facilità negli USA le élite al potere si siano dotate di una legislazione “antiterrorismo” basata sulla frode, sul delitto e sulla menzogna, che consentiva prima di sospendere la costituzione sul proprio territorio - con il pretesto della sicurezza nazionale - e poi di invadere altri paesi ad arbitrio di qualche degenerato capo di stato e per conto delle corporazioni che lo controllano. Abbiamo visto come sia stato facile entrare in guerra con il pretesto artificiale di esser stati attaccati da presunti terroristi. Con la stessa facilità si avrà il passaggio da uno stato di pace ad uno di guerra - o allo stato di imminente pericolo di guerra - anche in Europa. L’abolizione della pena di morte deve essere assoluta, dichiarata e statuita in modo totale e incondizionato; e per l’abolizione incondizionata della pena di morte l’Italia si è affermata in sede Nazioni Unite; peccato che in casa propria i pupi delegati del parlamento italiano abbiano ratificato un trattato, senza neppure leggerlo, con il quale rinunciavano alla sovranità del popolo italiano, alla sovranità delle proprie istituzioni delegate, alla sovranità della propria costituzione e dei principi sui quali Essa è stata articolata. Questa alienazione di sovranità popolare, con i gravissimi e radicali mutamenti che comporta, si è avuta con un procedimento certamente scorretto in senso formale e sostanziale. La profonda riforma istituzionale che il trattato implica prevede una procedura più articolata e più complessa per la sua approvazione; la maggiore complessità di tale procedura è proprio prevista dalla Costituzione a tutela della Costituzione; ciò è stato stabilito e ordinato proprio per evitare colpi di mano da parte di sciacalli degenerati, forzandoli ad agire seguendo procedimenti legislativi più complessi che li obbligano a dibattere le decisioni proposte con la maggiore parte dei rappresentanti eletti dai cittadini.



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